Il venerdì… andata e ritorno!
L’avventura quotidiana del Cremino.
di Stefano Rosso
Il 2020 è senza dubbio un anno strano ma è anche il primo anno che la Mini è tornata circolante dopo anni di fermo dentro un pollaio (letteralmente, non sto scherzando).
Lavoro a Padova e questo mi costringe a fare 60 km al giorno di strade, asfalto, traffico, clacson, ambulanze, asfalto, biciclette…insomma, avete capito. Farli con la macchina moderna è comodo, a gasolio ancora di più, ma spesso manca un po’ quel fattore avventura, quella sensazione di viaggio fino ad una meta anche se questa è solo il tuo ufficio in zona industriale.
Quindi una volta che la Mini è diventata più o meno affidabile (dopo l’alternatore rotto alla vigilia di Natale e il motorino rotto alla vigilia del lockdown ma recuperato la sera stessa a Suzzara assieme ad una piadina con la salamella) ho deciso di cominciare ad andarci a lavoro. Tra Aprile e Giugno ovviamente il traffico era ridotto e quindi si poteva scorrazzare liberamente per le stradine a patto di avere con se l’autocertificazione che dichiarasse lo spostamento per validi motivi (guidare la mini può essere considerato valido motivo?) .
Ora fare i 60 km giornalieri sarebbe stata tutt’altra cosa. Sperare che il motore non si spegnesse ad ogni semaforo, che i freni non si surriscaldassero, che l’acqua non bollisse, ecco tutta una serie di preoccupazioni che con le vostre plasticose lattine di alluminio dotate di climatizzatore non si sarebbero mai presentati.
Tornando a noi, il viaggio per raggiungere l’ufficio e viceversa è composto da due fasi fondamentali: l’andata e il ritorno. Elementare, direte voi. E invece ci possono essere tante altre sorprese nel mezzo. Ma andiamo con ordine e narriamo a grandi linee questi due importanti momenti della giornata, secondi solo alla colazione e forse al consueto episodio di Wheeler Dealers.
Solitamente uso prendere la Mini il Venerdì, perché c’è meno gente in giro a Padova (scansafatiche) e perché il giorno 5 di 5 è quello più adatto per andare con calma. Si perché la parola “calma” è azzeccatissima per l’esperienza che si vive guidando un’auto d’epoca nel traffico moderno. Non è tanto per le prestazioni, perché i fighetti con la Golf fanno fatica staccarmi se pigio l’acceleratore del milletrè, ma quanto per tutto il resto. L’auto ha interruttori a levetta, tiretti per l’aria e il riscaldamento e poche spie, niente aria condizionata e spifferi da dietro il cruscotto. Ma ha i deflettori. Voi non potete sapere che comodità i deflettori!
La giornata inizia con il portare fuori a mano la Mini dal garage per evitare di affumicare i gatti e far rimbombare alle 7:30 la casa del vicino. Portafoglio, cellulare, bottiglia d’acqua, occhiali da sole. Solitamente va in moto al primo tentativo ma anche se fosse il secondo l’importante è che non faccia rumori strani. I primi 10 minuti si cerca di scaldare bene il motore, senza imboccare rotonde all’ultimo o sfidare i vecchi con il cappello sui rettilinei. Al primo semaforo prendo la cassa bluetooth, la collego al telefono e metto qualche playlist. Scordatevi i comandi vocali a meno che non siate un tenore della Scala.
Da più di un anno ho cominciato a fare percorsi diversi per raggiungere l’ufficio per non cadere nella noia e nella monotonia della tangenziale. Questo fa sì che passi per il centro per gli ultimi venti minuti del tragitto con un sacco di effetti collaterali: persone che si girano a guardare, bimbi che salutano, biciclette che passano senza guardare…ah no questo capita sempre. Comunque è sempre divertente (un po’ meno per la schiena) finché non ti passa quello con il Suv appena fuori dal centro. Allora ti si gonfia la vena e la prima diventa una seconda, che si trasforma in una terza perfetta per terminare in una quarta da sorpasso sverniciando il catafalco giapponese di turno.
Si arriva in prossimità dell’ufficio, motore al minimo per mantenere un minimo di decoro, retromarcia senza grattare e parcheggio. Uscita con agilità dall’auto, controllo dei finestrini e si chiude la porta, pronti per una giornata di lavoro con il sorriso sulle labbra perché sai che sei arrivato sano e salvo fino a lì, ma che stasera tornerai a casa con la tua auto d’epoca.
A fine giornata arriva il tanto sperato viaggio di ritorno, ché anche con il mal di testa o il sonno, è pur sempre un viaggio in Mini. Infatti dopo qualche minuto nel traffico del centro con le fioche lampade degli anabbaglianti accese, una volta sbucati sulla statale si può dare sfogo ai cavalli e alle lampade gialle dei fari di profondità. Starete pensando che due piccole luci gialle della stessa età dell’’auto non possono fare molta differenza…avete ragione…ma fanno tanto rally!
E così si arriva a casa, ad un orario consono per far tremare le finestre del vicino parcheggiando la Mini in garage.
Veloce pulita al vetro per togliere i moscerini e un ultimo sguardo alla sagoma della nostra amata, prima di spegnere la luce e augurarle buona notte.
Il casa – ufficio – casa non è mai stato così divertente!
Testo di Stefano Rosso, che ringrazio!
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