Colline dei Gonzaga 2022 – Non va sempre tutto per il verso giusto per il nostro Cremino.
Lo so, lo so, non è bello iniziare a scrivere un articolo con questo spirito negativo, ma purtroppo non ho ancora mandato giù la lezione di Sabato.
La prima gara dell’anno è sempre elettrizzante, ancora di più se l’ambiente è nuovo e il tipo di gara anche. E questa ne è stata la conferma, letteralmente elettrizzante.
Ma ricominciamo con il piede giusto valà.
Sabato 29 Gennaio 2022 l’equipaggio Rosso – Salmaso su Mini Cooper 1300 si presenta in piazza Castello a Solferino per la prima tappa del Trofeo Nazionale Regolarità. Ammetto che già leggendo l’elenco iscritti il giorno prima saliva il magone: auto anteguerra, Lancia bellissime, auto scoperte a Gennaio. Insomma, un bel vedere.
Entriamo nella Piazza, sfiliamo in mezzo a questo parcheggio di bellezze e cielo aperto e attraversiamo la porta di uscita per posizionarsi nel parcheggio esterno. Saliamo in direzione gara, verifichiamo, rifiutiamo un’invitante brioche (o meglio, un intero vassoio) e torniamo all’auto per applicare i numeri e sfogliare il radar. Finito il dovere, arriva il piacere, ovvero una passeggiata tra i vari veicoli schierati all’ombra del duomo, pronti a partire per questa prima gara stagionale.
E scambiando qualche parola con i vari proprietari scopriamo che per alcuni è anche la prima gara con quell’auto! “Eh sai ce l’ho da due settimane” “Eh sai non ho il riscaldamento” “Eh sai non l’ho usata molto” e poi hanno fatto meno penalità di me, ma va bene.
Nonostante la nostra timidezza (mia più che altro, Pamela è molto più sciolta) riusciamo a scambiare quattro chiacchiere in più con i due equipaggi incolonnati prima di noi, una MG e una Fulvia 1.3 Rally prima serie. Con il proprietario di quest’ultima tra l’altro ci scappa la battuta “Certo che è bella con questi cerchi” “La vuoi, è in vendita?” “Quanto vuoi” PANICO “Eh non so, è da finire di restaurare” “Ma io la compro anche così” DOPPIO PANICO “Vabbè intanto sali, vedi come ci stai” “Eh no, se ci monto e mi piace dopo mi tocca comprarla”. Io credo che la Mini abbia una sua anima molto stronz…pardon, suscettibile e questo dialogo l’abbia fatta parecchio irritare.
Arriva il nostro orario di partenza, ci consegnano la tabella e sfiliamo sotto la bandiera italiana sventolata dal cronometrista.
1000 metri. Tanto è bastato per rovinare la nostra giornata. Alla fine della discesa, dopo qualche curva l’auto borbotta, cala di potenza e si spegne. Quasi bestemmio, ma preso dall’adrenalina smonto che ancora la macchina si sta fermando e apro il cofano. Corrente c’è, i fili sono tutti attaccati, tocco la bobina ed è tiepida, prendo un cacciavite per fare ponte sul cavo della candela e fa scintilla. Si avvicina un signore anziano “Non va?” “Eh no” “Problema elettrico?” “Non so, sto guardando” “Benzina arriva? Si è ingolfata? Hai tirato l’aria?” Non so in quel momento cosa mi abbia trattenuto dal chiudergli la testa dentro il cofano ma con tutta la calma che avevo in corpo ho risposto a tutte le sue curiosità lasciandolo andare borbottando tanto forte quanto la Mini.
Alla fine attendendo qualche minuto la macchina è ripartita. Senza un perché, come cantava Nada.
Corriamo per tutti i 100 km di gara, tra note del tipo “Alla rotonda, prendi la prima uscita per Monzambano” “Ostrega, fino in Africa?” “Monzambano, non Monzambico!” oppure “Ocio alla buc…tutte te e ghe ciapà, tutte”.
Episodio divertente di metà percorso: sbagliamo ad interpretare una nota e prendiamo una via che sembrava essere corretta e invece arriviamo in corte di una casa di campagna. Il contadino ci vede e senza esitare ci sorride, fa segno di girarci e prendere la via a destra. Ringrazio e ingrano la retromarcia.
Faccio per girarmi (il bellissimo gesto di torcere il busto, abbracciare con l’arto destro il sedile del passeggero e manovrare con il braccio sinistro) che sbuca dalla soglia di casa un signore forse novantenne che ci minaccia con una scopa. In un dialetto mantovano strettissimo ci intima a lasciare la sua proprietà, enunciando epiteti poco convenienti da scrivere qui. Pamela con tutta la calma del mondo “Adesso eo bato, smonto e ghe dago” (Adesso lo batto, scendo dal veicolo e lo percuoto) e rispondo “Tasi tasi che te dago na man” (Taci taci che se lo fai ti aiuto). Riusciamo a girarci e a portare avanti la nostra gara fino alla PM2.
In colonna in attesa di partire la macchina borbotta e si spegne. Stessa storia della mattina. Prendo tempo, dico ai commissari di lasciare passare gli altri. Tutti i tentativi sono vani e nonostante il cronometrista provasse a tirarci su di morale facendoci vedere le foto del figlio durante diversi rally con un Clio Gruppo A (alla faccia) il nostro morale stava sotto le suole. Alla fine la postazione deve chiudere per tempo massimo dopo l’ultimo equipaggio, ci salutano e se ne vanno.
Sconsolato provo e riprovo, sotto lo sguardo dispiaciuto di Pamela che prova anche lei a tirarmi su il morale.
Provo un’ultima volta, ma non sento la pompa benzina. Scendo, do due colpi alla pompa e la sento girare. Salgo, mezzo giro di chiave e il milletrè borbotta allegro. “Stronza” penso. Anzi, dico.
Corriamo al CO ma ormai siamo oltre i minuti massimi ammessi dal regolamento. Restiamo in silenzio sino all’arrivo per consegnare la tabella e confermare l’esclusione dalla gara. Non sappiamo cosa dirci. Aggiorniamo la nostra Scuderia e i vari sostenitori.
Rimettiamo in moto, solo mezzo giro di chiave e siamo di nuovo in strada. Maledetta.
Visto che abbiamo saltato il pranzo, ci dirigiamo verso il primo bar che troviamo dove consumo un toast caldo, accompagnato da uno spritz Campari e una buona dose di rabbia ad ogni boccone mentre leggo i tempi fatti durante le prove.
Il ritorno a casa è ovviamente silenzioso e solo verso gli ultimi chilometri riprendiamo coscienza e scherziamo sulle cose capitate durante la giornata.
A chi è arrivato fino in fondo al racconto faccio una confessione: ero a tanto così (immaginate il gesto della mia mano con pollice e indice) da lasciare giù oltre alla tabella di marcia anche licenza e tessera Aci. Tanto così da mollare tutto.
Non per il risultato mancato, ma per la delusione di non essere arrivato in fondo. E ancora oggi ho qualche dubbio.
Però le gare sono così, non c’è niente da fare. E se non cercassimo questo pizzico di adrenalina mista allo spirito di avventura non ci azzarderemmo nemmeno a fare tutto questo.
Alla prossima.
IL CREMINO VA ALLE COSRSE…. di Stefano Rosso
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