Attuale Volkswagen nasce nel ’49 grazie a Jeep e Esercito GB.
Ci sono la Jeep e il corpo dei Royal Electrical and Mechanical Engineers (REME) dell’Esercito britannico alla base della storia – di grande successo – dell’attuale Volkswagen AG.
Lo confermano una serie di documenti, tra cui foto dell’epoca, e accurate ricostruzioni storiche che sono tornate d’attualità in occasione dei 70 anni dalla creazione della attuale società Volkswagen AG.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel giugno del 1945, quando il corpo dei Royal Electrical and Mechanical Engineers (REME) divenne responsabile dello stabilimento di Wolfsburg.
A guidarli era il Maggiore Ivan Hirst che, arrivato in agosto nella fabbrica – molto meno danneggiata rispetto a ciò che gli Alleati si attendevano, con solo l’8% dell’attrezzatura andato perduto e l’11% con danni riparabili – iniziò immediatamente a lavorare con i suoi soldati e il vecchio personale della fabbrica per creare un impianto automobilistico funzionante destinato alla produzione del Maggiolino Tipo 1, promesso ai tedeschi e mai consegnato alle 20mila persone che lo avevano opzionato.
In quanto azienda sotto la gestione militare britannica, la Volkswagenwerk riuscì rapidamente a riprendere quota, diventando il simbolo stesso della ricostruzione della Germania occidentale e del miracolo economico tedesco. Come sostengono molti studiosi della storia del dopoguerra, la Volkswagen deve più agli inglesi di quanto si sia voluto ammettere in passato.
La volontà degli ufficiali britannici di mantenere in funzione la fabbrica Volkswagen e di perseguire lo sviluppo della produzione automobilistica destinata ai civili permise, soprattutto, di superare il rischio che lo stabilimento della Volkswagen potesse essere smantellato o, peggio, saccheggiato.
Nello stesso periodo, ad esempio, la Adam Opel perse la propria fabbrica nel Brandeburgo (smantellata dai sovietici, così come la linea di produzione della Kadett nello stabilimento di Ruesselsheim) in quanto il Governo militare sovietico pretese queste attrezzature industriali come parziale indennizzo dei danni di guerra.
Un interessante studio pubblicato in Germania (dalla stessa Vw) precisa che, ancor prima che l’Impero tedesco capitolasse l’8 e il 9 maggio 1945, le unità americane iniziarono a creare un’officina di riparazione per i loro veicoli presso lo stabilimento di Wolfsburg.
La gestione venne affidata ad un comitato composto da ex dirigenti che, su raccomandazione della magistratura, affidarono a Rudolf Broermann (precedente ispettore capo) l’incarico di direttore di fabbrica.
Il primo obiettivo fu quello di costruire Jeep usando i pezzi di ricambio disponibili in Germania, per soddisfare le esigenze di mobilità delle truppe (lo conferma un curioso cartello che identificava la linea Jeep, da cui ne uscirono 133 esemplari).
L’avvio della produzione per ordine degli americani fu determinante perché impedì che la fabbrica Volkswagen fosse trattata come ‘bottino di guerra’ e saccheggiata. Fra il 1945 e il 1949 la gestione da parte dei britannici fece compiere rapidi progressi al programma di produzione del Maggiolino Tipo 1 e l’avvio dell’esportazione verso i Paesi Bassi nel 1947 confermò il valore delle attività avviate da Hirst.
Volkswagen diventò già in quegli anni un’impresa fiorente, per la quale venne ricercato un manager tedesco in vista del trasferimento al Governo tedesco e la scelta cadde su Heinrich Nordhoff, un ex dirigente della Opel. Alla fine dell’occupazione, dopo l’ 8 ottobre 1949, si concluse, la Volkswagen fu affidata dagli inglesi al Governo della nuova Repubblica Federale di Germania, che a sua volta la passò al Land della Bassa Sassonia, il Governo regionale che detiene a tutt’oggi il 12,7% delle azioni e una quota del 20% di quelle con diritto di voto.
”Ivan Hirst è stato l’uomo giusto al momento giusto nel posto giusto – ha recentemente commentato Manfred Grieger, capo del dipartimento di storia aziendale della Volkswagen – Grazie alla sua abilità tecnica e al suo entusiasmo per le auto, alle sue capacità di improvvisazione, e non ultimo al suo approccio umanitario ma sempre professionale nei confronti dei tedeschi, Hirst ha svolto un ruolo chiave nel garantire un nuovo inizio per l’azienda”.
Fonte Ansa
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